mercoledì 6 maggio 2020

Edmund Husserl

Husserl è il fondatore della fenomenologia. Si pone questo problema nella sua opera "La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale". Secondo lui il motivo di questa crisi è che le scienze fisiche naturali si sono distaccate dall'orizonte dell'esperienza umana e soggettiva, smarrendo il senso della loro origine del proprio ruolo e dei propri limiti.
Si sono allontanate così dalla comprensione dell'essere umano non rispondendo alle domande fondamentali dell'esistenza. Secondo lui per uscire da questa crisi di valori c'è la necessità di riconnettere la ragione e il sapere astratto all'esperienza vitale originaria dell'uomo.
E' possibile rinveire il significato del mondo?
Per Husserl si, infatti il suo metodo fenomenologico ha come obbiettivo proprio quello di riscoprire il senso umano delle cose. Si basa sull'epoché cioè la sospensione della fiducia nella presunta oggettività nel mondo che consente di ritrovare la base originaria e precategoriale della conoscenza ovvero la dimensione dell'intenzionalità la quale presenta una correlzione tra: 
- una polarità soggettiva → NOESI → gli atti di coscenza
- una polarita oggettiva → NOEMA → le varie modalità di apparizione delle cose in relazione agli atti intenzionali del soggeto
Inoltre il metodo fenomenologico di Husserl permette di descrivere il processo di costituzione del senso delle cose nelle sue varie stratificazioni e di mostrare le strutture essenziali dei vissuti intenzionali grazie all'intuizione eidetica, ossia l'intuizione diretta degli aspetti essenziali della realtà.
Durante la sua produzione, ma soprattutto negli ultimi anni, Husserl sente l'esigenza di difendersi dalle accuse mosse alla propria concezione della soggettività, vista come principio troppo astratto. A questo proposito elabora il concetto di mondo della vita, con cui indica il mondo prescientifico delle emozioni, dei bisogni del vissuto concreto ovvero l'esperienza che precede la formulazione delle categorie e delle nozioni con cui è normalmente organizzata la realtà. Nel mondo della vita il soggetto è già da sempre in relazione con gli altri in una dimensione intersoggettiva. L'oggettività del mondo è così garantita dalla sua fondazione intersoggettiva. I soggetti costituiscono una comunià umana a cui è affidato il compito autenticamente filosofico di rinnovare dal profondo le scienze e la stessa idea di cultura dell'occidente.


giovedì 26 marzo 2020

HENRI BERGSON

Per Bergson la vita della coscienza coincide con la memoria, della quale riconosce tre aspetti: il ricordo puro, il deposito inconscio di tutte le esperienze passate mantenute nella forma in cui si eran presentate in origine; il ricordo-immagine, l'atto con cui quel passato si materializza qui e ora; e la percezione, la facoltà che ci lega al mondo esterno.
L'organo che fa da mediazione e da filtro tra i contenuti del ricordo puro e le esigenze della realtà è il cervello.
Il filosofo fonda la sua concezione su una distinzione fondamentale: quella tra "tempo della scienza", esteriore e misurabile, e "tempo interiore o vissuto", il tempo della durata, trascurato dalle scienze sperimentali ma essenziali per la nostra identità di uomini il cui passato è costantemente conservato nel presente.
Nel 1907 con l'evoluzione creatrice Bergson estende all'universo intero la sua visione spiritualistica, indicandone lo slancio vitale, l'energia profonda che anima il mondo e lo porta a oggettivarsi in forme di vita sempre più elevate dal punto di vista del'organizzazione. L'evoluzione di tale forza originaria è definita creatrice in quanto non ha principi al di fuori di sé e da essa si origina la materia stessa. Lo slancio raggiunge il suo vertice nell'uomo, l'essere dotato di intelligenza e di intuizione. L'intelligenza è indispensabile per la vita pratica ma soltanto l'intuizione consente una vera conoscenza della realtà.


martedì 17 marzo 2020

A DANGEROUS METHOD

Dopo aver studiato Freud, ho trovato interessante la visione del film "A Dangerous Method". In questo film si può approfondire molto bene la biografia di Freud e il suo l'incontro con Jung, che è stato molto importante per la sua carriera.
Lo consiglio.


SIGMUND FREUD

Secondo Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, esiste una dimensione inconscia della vita psichica. Egli quindi traforma radicalmente l'immagine dell'IO, della coscienza e della personalità. L'uomo è dominato da pulsioni di cui non ha il pieno controllo e caratterizzato da profondi conflittti interiori. La via privilegiata di accesso all'inconscio è per Freud l'interpretazione dei sogni, che secondo lui sono l'espressione dei desideri più profondi.

Freud in quella che viene chiamata "prma topica" individua tre zone distinte all'interno della personalità dell'uomo: conscio, inconscio, preconscio.
Il conscio è la zona consapevole, l'inconscio quella inconsapevole e il preconscio è caratterizzato da contenuti temporaneamente inconsapevoli ma passibili di accedere alla coscienza. Secondo lui esiste inoltre un processo di difesa, la rimozione, che consiste in una particolare forma di oblio con cui l'uomo respinge nell'inconscio le pulsioni inconciliabili con le istanze morali.
Dopo il 1923 elabora una "seconda topica", cioè una seconda descrizione della psiche. Essa individua tre istanze fondamentali: L' Es, il Super IO e l'IO. 
L'Es rappresenta le nostre pulsioni, il Super IO la coscienza morale e l'IO il luogo della mediazione.
Tale struttura conflittuale della psiche è all'origine della formazione delle nevrosi.

Freud delinea un'innovativa teoria della sessualità. La pulsione sessuale viene indicata con il termine libido. La plasticità e il metamorfismo della libido consentono a Freud di comprendere il meccanismo di fomazione delle nevrosi e le perversioni sessuali. Quest'ultime appaiono come il diverso orientamento assunto dall'energia sessuale a causa di particolari ostacoli incontrati nel corso del suo sviluppo. Questa concezione dinamica della libido conduce Freud alla scoperta della sessalità infantile e delle sue tre fasi: orale, anale e genitale, distinta a sua volta in fallica e genitale. Alla fase fallica risale l'origine di quello che freud definisce il "complesso di Edipo", cioè gli affetti e le emozioni che si sviluppano nel bambino e nella bambina in relazione alle figure genitoriali.

Secondo Freud la società, la morale e la religione derivano dall'esigenza del gruppo sociale di contenere ed elaborare istinti e pulsioni universali ma inaccettabili: da qui si creano i tabù. Le norme di una società, della morale o della religione, sono per Freud modalità di repressione.






venerdì 6 marzo 2020

SOREN KIERKEGAARD

Kierkegaard affronta il tema della scelta tra alternative opposte e inconciliabili che comporta un'assunzione di responsabilità. 
Individua tre stadi dell'esistenza: la vita estetica, etica e religiosa.
La vita estetica è vissuta nell'istante e nella continua ricerca del piacere (Don Giovanni e Johannes), implica la dispersione del soggetto e conduce alla noia e alla disperazione.
La vita etica è caratterizzata dalla scelta e dalla responsabilità (marito), comporta la sottomissione alle regole della famiglia e della società, conduce alla percezione della propria inadeguatezza morale e al pentimento.
La vita religiosa implica il salto della fede che è paradosso e scandalo per la ragione umana (Abramo), comporta un rapporto esclusivo tra l'individuo e Dio.
Kierkegaard afferma che l'uomo è ex-sistenza, può trascendere la propria condizione e proiettarsi nel futuro ed è progettualità e possibilità. 
Pertanto l'uomo, di fronte ad essa, prova un senso di angoscia, di timore indefinito di sbagliare. La scelta esistenziale è sempre decisione tra alternative opposte, contraddittorie, fra estremi inconciliabili. 
L'altro sentimento fondamentale che caratterizza l'esistenza umana è la disperazione, che riguarda anch'essa la possibilità, ma non riferita al mondo, come nel caso dell'angoscia, bensì all'essere stesso del soggetto. Quest'ultimo è infatti lacerato da un'interna contraddizione. La disperazione che ne deriva è la "malattia mortale" dell'uomo che, in ogni caso non riesce e non può conciliarsi con se stesso e trovare la pace.

martedì 11 febbraio 2020

FRIEDRICH NIETZSCHE

Nella prima fase del suo pensiero, Nietsche si volge allo studio del passato proprio allo scopo di rispondere all'interrogativo sui fondamenti della tradizione culturale occidentale e sulla sua decadenza. In "la nascita della tragedia dallo spirito della musica" egli vede il mondo greco come il risultato del conflitto fra i due principi contrapposti: l'apollineo e il dionisiaco.
L'apollineo è l'emblema della misura, dell'ordine, della razionalità; il dionisiaco invece è il principio del caos e della distruzione, ma anche della potenza creatrice, della gioia e della sensualità. Questi due principi, secondo il filosofo, si trovano fuori dalla tragedia. 
L'arte tragica nasce da questa originaria esperienza del caos, dell'irrazionalità e della drammaticità della vita, che l'uomo greco avverte l'esigenza di contenere nelle rasserenanti forme della poesia.
Il "miracolo metafisico" con cui gli antichi tragici riescono ad armonizzare due principi contrapposti si rompe con Euripide, con il quale si afferma il predominio dell'impulso apollineo su quello dionisiaco: nelle sue opere la razionalità prevale sulla naturalità, perisce la tragedia e nasce la filosofia.
Il personaggio che segna emblematicamente il passaggio dall'antica tragedia alla filosofia è Socrate. 
In un primo tempo Nietsche pensa che si debba far rinascere lo spirito autentico della tragedia greca, lo spirito dionisiaco. Ciò è possibile, secondo il filosofo, attraverso l'arte, e in particolare con la musica, emblematicamente rappresentata nelle opere di Wgner.


Nel secondo periodo del suo pensiero, simbolicamente rappresentato dalla figura del leone che lacera e distrugge, Nietsche ritiene che per emanciparsi dalle false credenze l'uomo debba spingere alle estreme conseguenze la tendenza verso il nichilismo implicita nella cultura europea, adottando un metodo scientifico e decostruttivo. Non a caso queta fasew del pensiero nitscheano è denominata "illuministica".

La tesi di Nietsche è che le grandi costruzioni teoriche delle morale, della filosofia e della scienza non sono altro che un'invenzione consolatoria di chi è in cerca di rassicurazione.
Secondo il filosofo è giunto il tempo di fare a meno di Dio e di tutte le concezioni metafisiche:"Dio è morto", e con lui sono crollati tutti i valori assoluti. In ciò consiste il nichilismo. La morte di Dio comporta l'avvento di una dimensione terribilmente difficile da sostenere.


Secondo Nietsche soltanto l'oltreuomo, che si è liberato dai condizionamenti esterni e da ogni consolazione dottrinale, ha accolto fino in fondo la condizione tragica e dionisiaca dell'esistenza, può accettare e superare il nichilismo radicale del mondo privo di Dio e dei valori. Il suo avvento viene annunciato dal profeta Zarathustra, nell'ora del meriggio, ed egli è simbolicamente raffigurato come un fanciullo ridente circondato di luce. Tale immagine indica la sua natura gioiosa, libera, innocente: l'oltreuomo infatti sa godere del corpo, della vita e dei suoi valori; inoltre, è in grado di sostenere l'idea dell'eterno ritorno dell'uguale. Esso consiste nell'ipotesi che la storia sia un grande circolo. In questo senso, questa teoria, risulta strettamente collegata a un altro importante concetto della filosofia nitscheana: quello della volontà di potenza. Essa esprime, per Nietsche, l'essenza stessa della vita, la quale si caratterizza come impulso a crescere e a volere sempre di più.








lunedì 23 dicembre 2019

ARTHUR SCHOPENHAUER

PENSIERO FILOSOFICO

 Schopenhauer considera Kant il pensatore decisivo dell’età moderna. L’elemento che Schopenhauer ama nel kantismo, fino a farne il punto di partenza della propria dottrina, è la distinzione tra fenomeno e noumeno. Kant considerava il fenomeno l’oggetto dell’esperienza sensibile e il noumeno/la cosa in sé, inconoscibile dall’intelletto umano. Schopenhauer estremizza  questa distinzione facendone un vero e proprio dualismo gnoseologico e ontologico.
Da una parte vi sono i fenomeni, che sono considerati come semplici apparenze, come volti superficiali delle cose, dall’altra c’è il noumeno considerato come quella dimensione sostanziale delle cose medesime, che sfugge alla conoscenza intellettuale.
Partendo da questa visione dualistica, il mondo e l’intera realtà è “rappresentazione e volontà”: i fenomeni sono l’apparenza, l’illusione, cioè il mondo della rappresentazione, dominato dal principio di causalità. La vera realtà noumenica è invece, celata  da un “velo di Maya”, è il mondo come volontà.
La volontà  per Schopenhauer è una forza irrazionale non rappresentabile ed irriducibile alla considerazione logico-scientifica, ed agisce nella natura, e nell’uomo, determinando una universale condizione di affanno e schiavitù nella lotta per l’esistenza. L’uomo può liberarsi da questa schiavitù , soltanto annullando la propria volontà di vivere. Schopenhauer parla di “nolonta” a cui l’uomo può aspirare, ovvero rinuncia alla propria individualità ed esigenze .
Sono tre le strade che l’uomo può scegliere di perseguire come vie di liberazione:
  • la contemplazione artistica
  • la moralità, specialmente la compassione
  • l’ascesi
Schopenhauer usa il termine volontà non nel senso di intenzione cosciente, volere razionale, ma, al contrario, nel senso di impulso, energia, forza irrazionale, che non è diretto al conseguimento di qualche scopo razionalmente determinato; è inconscia, sottratta allo spazio ed al tempo, eterna ed infinita, senza causa e priva di scopo.
La volontà non obbedisce né alla  ragione, né alla morale, perciò la volontà di vivere, è una forza cieca, un desiderio, che si mostra in forme  diverse finoo al culmine dell’uomo, quando cioè giunge alla piena consapevolezza di se stessa.
La visione di Schopenhauer è fondamentalmente pessimista: se la volontà è per tutti gli uomini, un continuo desiderio,un’ insaziabile ricerca, da questa incessante ricerca, non può che derivare uno stato di continuo bisogno, una condizione di vuoto, che si manifesta come sofferenza e dolore.
Anche se l’uomo arriva ad appagare un suo desiderio, si tratterà sempre di un piacere momentaneo, perché altri e sempre nuovi desideri si faranno sentire.  L’appagamento dice Schopenhauer è come l’elemosina che “gettata al mendicante, prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento”.
L’uomo non ha vie d’uscita, “la sua vita oscilla come un pendolo, di qua e di là tra il dolore e la noia” perché la vita è “ una faticosa “battaglia per l’esistenza con la sola certezza della sconfitta finale”.  Il tempo è un fluire inesorabilmente, e  nel trascorrere consuma le cose. La vita è ” una morte rinviata,  e dove la morte deve vincere “.  Nonostante la sua visione pessimistica della realtà, Schopenhauer esclude il suicidio, perché esso non è una via di liberazione perché l’uomo che si uccide nega la vita e non la volontà
IL MONDO COME VOLONTA’ E RAPPRESENTAZIONE
Nel 1818 porta a termine la sua opera principale, che si intitolerà, Il mondo come volontà e rappresentazione (Die Welt als Wille und Vörstellung), che influenzerà il pensiero di Nietzsche e di Freud, ed è ritenuta una delle opere più importanti del romanticismo antidealistico. Nella prima parte della sua opera Schopenhauer esamina i caratteri del mondo in quanto rappresentazione e in una larga sezione è dedicata alla ricerca dei modi in cui l’uomo può liberarsi dalla volontà che freme dentro di lui.
Schopenhauer, riprendendo un principio della filosofia indiana, chiama il “Velo di Maja”, la realtà visibile. Il mondo no esiste se non come rappresentazione: non è il mondo in se ad avere un senso ed un significato, ma è l’uomo che cerca di interpretare  e dare un significato al mondo.